L'emigrazione in America tra la fine dell'800 e l'inizio del 900
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Vai alla lista dei casolani emigrati dal 1892 al 1924»
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1.
La nave "America"
- 1908 (ellisisland.org) |
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Dalla fine dell'800 in poi, milioni di
italiani per la maggior parte contadini, provenienti non solo dal
meridione, ma anche da regioni del nord, presero la nave per
andare negli Stati Uniti d'America, oppure in altri paesi in via di
sviluppo e bisognosi di manodopera, come l' America latina ( Argentina,
Venezuela, Brasile ecc..), il Canada e l' Australia. Il primo
periodo di forte emigrazione si manifestò tra la fine dell'800 e
l'inizio del 900 (1880-1930). Nel primo decennio del nuovo secolo,
l'Italia perse più di due milioni di abitanti. Lo scoppio della prima
guerra mondiale, interruppe il movimento migratorio durante
il conflitto, ma il flusso verso le terre
straniere riprese subito dopo la fine.
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Dal 1931 ci fu un secondo arresto, dovuto prima di tutto agli Stati Uniti d'America, che limitarono il numero di emigranti ammessi e poi anche dal nostro governo che frenò l'emigrazione all'estero in quel periodo. Durante il secondo conflitto mondiale, l'arresto del flusso migratorio fu ancora più cospicuo, questo era dovuto al fatto che i cittadini italiani residenti in alcuni paesi stranieri, venivano considerati "nemici", poichè l'Italia era considerata un nemico politico da combattere. La seconda ondata di emigrazione, ci fu subito dopo il II conflitto mondiale, tra il 1946 e il 1971, l'emigrazione in questo periodo riprese considerevolmente, continuando a registrare la perdita di intere generazioni di lavoratori. Tra la fine dell'800 e l'inizio del 900, milioni di emigranti, partirono principalmente dai porti di Genova, Napoli e Palermo e con minore frequenza anche da altri porti italiani. Si partiva preferibilmente nei mesi
meno freddi (da Marzo ad Ottobre) e soprattutto nei mesi
estivi, ma molti italiani, affrontarono il viaggio
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2. Immigrati a
bordo
- 1892 (ellisisland.org) |
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anche nei mesi più freddi come Dicembre, Gennaio e Febbraio. Arrivavano
al porto in treno, che molti vedevano per la prima volta come anche la
nave e perfino il mare.
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3.
Ellis I. vista dal traghetto (ellisisland.org) |
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C'era
chi partiva solo, chi portava con se un famigliare (o tutta la famiglia)
e chi salpava con altri paesani, comunque, durante il viaggio, gli
italiani si raggruppavano, i casolani per esempio, viaggiavano vicino
agli abitanti dei paesi limitrofi (se ce n'erano), oppure, con altri
abruzzesi incontrati alla stazione o al porto di Napoli o sulla stessa
nave. Era di fondamentale importanza restare uniti e non perdersi mai di
vista, neppure dopo essere scesi a terra. Solo muovendosi in gruppo,
abitando in gruppo nello stesso quartiere o nello stesso locale in
disfacimento, andare a lavorare in gruppo, magari nello stesso
cantiere,
si poteva superare quel senso di solitudine e di smarrimento che gravava su ognuno di loro in quel paese così lontano e così diverso, di cui non conoscevano neppure la lingua.
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Un documento dell'ufficio emigrazioni, parte
integrante del registro degli emigranti, nel rilasciare
informazioni circa il paese di provenienza del passeggero, fa una precisa e
netta distinzione tra l'italiano del nord e l'italiano del sud, tant'è
che nello stesso registro, in una delle 29 colonne da riempire con le
informazioni del passeggero, oltre alla nazionalità italiana, alla città
ed alla provincia, se ne specificava anche l'appartenenza al nord o al sud. La
discriminazione dunque, si imbarcava con loro e non li abbandonava neppure a
terra, dove i datori di lavoro, preferivano un italiano del nord piuttosto che
un meridionale. La localizzazione del porto di partenza
dall'Italia, era un primo filtro della distribuzione della
popolazione italiana di diversa provenienza su ogni
nave,
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4. L'arrivo a Ellis Island - 1898 (ellisisland.org) |
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poichè,
dalle regioni del nord
partivano prevalentemente dal porto di Genova (anche se molti
s'imbracavano anche dal
porto di Napoli), quelli del centro e del sud invece, partivano principalmente
da Napoli ed anche da Palermo.
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5.
I bagagli al museo di Ellis I. (ellisisland.org) |
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I controlli sugli emigranti
iniziavano dalle città di partenza, erano necessari alcuni giorni per
poter effettuare tutte le visite mediche ai passeggeri prima di salpare
dal porto. Così, l'abruzzese Pascal
D'Angelo (leggi») , nel libro "Son of Italy" descrive il suo viaggio iniziato nel mese di Aprile del 1910:
<<Un incaricato della compagnia marittima aveva organizzato tutto per
noi. Ci prelevò conducendoci in una pensione dove avremmo atteso il giorno della partenza del piroscafo.
Lì ci sottoposero immediatamente a una visita
medica. Valutarono con molta perizia che avessimo denti e occhi sani,
mostrandosi invece del tutto indifferenti verso la quantità di denaro
che portavamo con noi. I controlli si ripeterono per tre giorni
consecutivi, per tutto il tempo che dovemmo trascorrere a Napoli in
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attesa che il quarto giorno arrivasse e che il "Cedric"
salpasse dal porto. Quel momento era ora vicino. Circondati dai bagagli
facevamo la fila per salire a bordo. Con l'animo invaso dallo sgomento e
da un senso di cattivo presagio misi piede sul gigantesco bastimento di
acciaio. Sconcertato mi chiedevo come avrebbe fatto a stare a galla per
molti giorni quel coso enorme. Saliti a bordo, data l'ora ormai tarda,
mangiammo solo qualcosa in fretta e poi ci ritirammo nei nostri alloggi
per la notte. Dormimmo su cuccette di ferro, giù nel ventre della nave.
Accanto a me un uomo esclamò, "A quest'ora abbiamo già
oltrepassato la Sardegna."
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"Dio del cielo! Come può
essere?!" commentò un altro. "Dio del cielo!" pensai io,
"Come può essere che abbiamo già oltrepassato la Sardegna,
qualunque cosa essa sia. Ricordo come in sogno lo scintillio delle acque
attorno allo Stretto di Gibilterra e i venditori di arance che si
accostavano alla nave con le loro piccole imbarcazioni. >>.
L'attraversamento dell'oceano, partendo dall'Italia, durava dai 12 ai 13
giorni, quasi tutti viaggiavano in terza classe, dove si dormiva in
cuccette di ferro e si mangiava zuppa (in prima classe invece, venivano
serviti piatti preparati dagli chef). Quando il mare era calmo i pesci diventavano i veri protagonisti di
quel lungo viaggio, attori indefessi al cospetto di un pubblico
speciale, la cui platea era semplicemente un ponte di terza classe.
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6.
La sala di registrazione (ellisisland.org) |
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7.
Sala da pranzo - 1902 (ellisisland.org) |
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Nei
giorni di pioggia invece, lo spettacolo più affascinante, era la
comparsa dell'arcobaleno che si specchiava nell'oceano. Quando infuriava
la tempesta e la nave era in balia delle acque, i passeggeri, in preda
al panico, restavano sottocoperta, stipati lì fino alla fine della bufera.
La conversazione era un'altro modo per ingannare il tempo, l'approfondimento
delle conoscenze, consolidava
quell'amicizia in seguito necessaria ed utile per affrontare insieme e tutti
uniti, un mondo
così diverso da quella cultura che avevano appena lasciato alle spalle. Sul ponte di terza classe, s'improvvisavano perfino gare, come la gara dei mangiatori di
spaghetti afferrati con le mani legate, oppure ci si divertiva con il "gioco
del barile" ed altri passatempi simili.
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Una scena di
vita a bordo, ce la racconta ancora una volta Pascal
D'Angelo, nel suo
libro autobiografico sopra citato: << La traversata fu un
incubo di tanto in tanto rischiarato da momenti di raro splendore. Oltrepassammo le Azzorre, giocattoli galleggianti su cui apparivano
altri giocattolini a forma di case e di mulini a vento. Non appena
svanirono sotto il sipario dell'orizzonte, un tremendo temporale si
abbattè su di noi. Come topi in trappola ci toccava stare sottocoperta,
le nostre vite affidate a mani sconosciute.
Devo confessare che ero terrorizzato, e al pari di me, molti altri
compagni che pure viaggiavano in terza classe. Sentivamo tutto il peso
della nostra impotenza.
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Il piroscafo sbandava incessantemente. Per cena
ci servivano piatti di zuppa per nulla allettante, che veniva sbattuta
davanti a noi in malo modo, dopo aver compiuto chissà quali
peregrinazioni. Ma la fame non era certo il primo dei nostri pensieri
durante quel terribile temporale. Per quel poco che ci era dato di
notare dai violenti spruzzi d'acqua contro gli oblò, fuori si stava
scatenando la furia degli elementi. Un uomo, preso da ansia
incontenibile, forse nell'eccitazione di cercare una possibile via
d'uscita, disserrò l'oblò e si affacciò fuori. All'istante un violento getto
d'acqua luccicante si riversò all'interno. Due marinai si precipitarono
verso di lui imprecando furiosamente. L'uomo li vide e si mise a
protestare. I due sbraitavano.
L'uomo cacciò fuori un coltello. Altri si fecero attorno per dividerli.
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8.
Il pranzo a Ellis Island (ellisisland.org) |
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9.
Visita medica (ellisisland.org) |
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E
fuori il fragore delle onde faceva da sottofondo a quell'incredibile
baraonda. E lì ci baloccammo con uno dei nostri
passatempi preferiti: guardare i pesci. Alcuni di noi gridavano,
"Guarda i pesci!" "Dove? Dove?" E tutti ci precipitavamo verso quel punto. Con la
bocca spalancata a penzoloni verso il basso, restavamo ad
osservare le
giocose acrobazie degli sfavillanti delfini che scortavano il piroscafo.
Talvolta ci seguivano per miglia e miglia e così per molte ore restavamo
a guardare le bellissime creature in quel mare che per un
po' smetteva di farci paura. Il giorno in cui finalmente giungemmo in
prossimità della baia di New York c'era foschia, era troppo tardi per
entrare in porto.
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Già da alcune ore si erano
cominciate a vedere qua e là le macchioline bianche di piccole
imbarcazioni a vela, poi finalmente, rischiarata dal crepuscolo, una
striscia di terra aveva fatto capolino, lentamente inghiottita da una
cortina di nebbia scura.
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Tuttavia era terra...era l'America! L'angoscia
che ci aveva assillati lungo tutta la traversata di quell'immenso oceano
si dissolse in fretta sollevandoci il cuore.
Ora gironzolavamo festosi sul ponte. Alcuni di noi che c'erano già
stati cercavano di indicarci Coney Island, ma non ci riuscivano. I nostri alloggi si riempirono di chiacchiere e
confusione. Parlavamo tutti insieme. Poi lentamente sulle nostre voci si stese
un velo di silenzio. Un dubbio orrendo si era fatto tra i molti
pensieri: chi di noi poteva sapere con certezza se sarebbe stato ammesso
in America, o piuttosto rispedito indietro come presenza indesiderata? Sbarcati a Ellis
Island, fummo sottoposti a ispezioni e visite mediche.
Non ricordo di aver subito alcuno dei soprusi o maltrattamenti di cui
vanno lamentandosi molti immigrati dalla pelle
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10.
Prova di capacità mentale (ellisisland.org) |
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delicata. E comunque, il
20 Aprile del 1910 io e mio padre, assieme ad un gruppetto di
compaesani, ottenemmo il permesso do sbarcare in America!>>
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11. Registro passeggeri pag.1 (ellisisland.org) |
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Vladimir
Majakovskij nellibro "America",
descrive una delle sue
esperienze a bordo, durante i 18 giorni di navigazione dalla
Russia verso il
Messico. Sono scene
di vita vissute in un periodo di intensa attività, durante il
quale, compì numerosi viaggi all'estero (nel 1925 fu in America). Ecco uno stralcio significativo tratto dal
libro sopra citato, in
cui fa una descrizione delle classi a bordo: <<
Le classi sono proprio classi. Nella prima, mercanti, fabbricanti di
cappelli e di colletti, artisti arrivati e monache. Gente strana:
rappresentanti di ditte francesi con passaporti paraguayani o argentini,
di nazionalità turca, che parlano solo inglese e vivono sempre in
Messico. Sono i colonizzatori dei nostri giorni, tipi da Messico. Come
un tempo i compagni di viaggio e i discendenti di Colombo spogliavano gli
indiani in cambio di paccottiglia da quattro soldi, così adesso
nelle piantagioni dell'Avana spezzano la schiena ai pellerossa in
cambio di una cravatta rossa |
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che
inizia il negro alla civiltà europea. Stanno per conto loro.
E se vanno in terza o in seconda, è solo per correre
dietro alle belle ragazze. Seconda classe: modesti commessi viaggiatori,
artisti alle prime armi, intellettuali che picchiano sulla Remington.
Senza farsi notare dai giovani ufficiali di bordo sgusciano sui ponti di
prima classe. Poi si raddrizzano e restano impalati con l'aria di dire:
ebbene, cosa ho di diverso? Ho lo stesso colletto, e pure i polsini! Ma
li sorprendono e senza tante cerimonie li invitano a tornarsene al loro
posto. La terza classe riempie le stive.Gente che viene dalle Odesse di
tutto il mondo in cerca di lavoro: pugili, investigatori, negri. Questi
non cercano di intrufolarsi sui ponti superiori. A quanti si affacciano
dalle altre classi domandano con cupa invidia: "Avere giocato a
préférence?" Si leva di qui un tanfo pesante di sudore e stivali,
un lezzo acidulo di pannolini messi ad asciugare, lo scricchiolio delle
amache e delle brandine disseminate per
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12. Registro passeggeri pag.2 (ellisisland.org) |
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13. Monumento nazionale (ellisisland.org) |
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tutto il ponte
il pianto convulso dei bambini e i bisbigli, in un quasi russo, delle madri che
cercano di calmarli: "Finiscila, tesoruccio, su, smettila di
frignare." La prima classe gioca a poker e a madjong, la seconda
gioca a dama e suona la chitarra. La terza, invece, mette un braccio
dietro la schiena e chiude gli occhi, mentre da dietro, con tutte le
forze, le colpiscono il palmo della mano: si deve indovinare chi è
stato a picchiare di tutta la banda. Se si indovina, chi ha dato il
colpo prende il posto di chi lo ha preso. Consiglio questo gioco
spagnolo agli studenti. La prima classe vomita dove vuole, la seconda
sulla terza, e la terza su se stessa. >>
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Melania
Mazzucco nel suo Romanzo "Vita",
racconta la storia di due ragazzini realmente esistiti emigrati
in America nel 1903, Diamante (suo nonno) e Vita, che partiti da
Tufo di Minturno allora in provincia di Caserta (oggi di Latina),
affrontano partendo da Napoli, da soli la traversata verso l'America, nascondendosi
prima in una scialuppa (nella quale rimasero stretti col
timore di essere separati e finire " ...la sotto.
Chiusi in prigione"), poi, abitando le stive della
nave, insieme a migliaia di altri emigranti. Dopo giorni di
navigazione, finalmente l'arrivo ad Ellis Island
(clicca») dove sbarcavano
dodicimila stranieri al giorno: <<Tutti si cercano, si chiamano in dozzine di lingue
per lo più ignote, aspre e gutturali. Tutti hanno qualcuno che è venuto
a prenderli, o li aspetta al molo, un indirizzo scarabocchiato su un
foglietto - il nome di un parente, di un connazionale, di un padrone. La
maggior parte ha anche un contratto di lavoro. Ma tutti lo hanno negato.
Così bisognava. E in verità la seconda cosa che Diamante ha fatto in
America è stata di raccontare una storia. E nemmeno questo gli era mai
capitato prima. Insomma, in un certo senso ha mentito. Funziona così.
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14. Un casolano a New York (1914) |
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A
Ellis Island gli americani ti rifilano una serie di domande - una specie
di interrogatorio. L'interprete - un tizio perfido, un vero acciso che
deve aver fatto carriera esercitando il proprio zelo contro i suoi
compatrioti - ti spiega che devi dire la verità, solo la verità, perché
in America la menzogna è il peccato più grave, peggio del
furto>>.
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15. Una famiglia
abruzzese emigrata nell'Hoio |
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Si lasciava l'Italia per cercare un'esistenza
migliore, abbandonando la propria città, il proprio paese, la famiglia,
la casa, il lavoro dei campi e conservando nei ricordi le proprie
tradizioni, la propria cultura e la propria lingua, andando nei paesi
stranieri a lavorare nei cantieri a costruire strade, ponti, ferrovie,
grattacieli. Lavorarono anche nelle fabbriche, nei campi e persino
nei deserti per trasformali in terra fertile. Era una vita dura
quella degli emigranti, poichè la fatica non era giustamente retribuita,
tuttavia, molti rimasero lì, prendendo la residenza del paese di cui
erano ospiti, facendosi raggiungere dal resto della famiglia, che prima di
partire era costretta a vendersi tutto.
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Le donne rimaste in Italia, oltre a vivere il dramma
della separazione, dovevano provvedere a loro stesse, ai figli ed agli
anziani, lavorando principalmente nei campi ed aspettando i soldi inviati
dall'America, che spesso non erano sufficienti per provvedere ai bisogni
della famiglia. Quando si scriveva dall'America, almeno una volta,
s'inviava una foto alla moglie rimasta in Italia, o ai parenti, se si
partiva insieme alla famiglia. Per mettersi in posa s'indossava il vestito
buono e ci si recava presso uno studio fotografico come quello del
fotografo italiano Luigi Favata, che esercitava a New York in via
Mulberry Street . Le lettere che arrivavano dall'Italia invece,
parlavano di salute, di stagioni, di raccolti, di bestiame e degli ultimi
avvenimenti del paese.
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Tra gli scrittori italoamericani di origine
abruzzese emigrati
direttamente in America, o figli di emigranti, che di italiano hanno
solo il nome, ma che hanno ugualmente diffuso con i propri
scritti, frammenti di cultura italiana spesso vissuti
indirettamente attraverso i racconti dei propri nonni o genitori
abruzzesi, abbiamo: Pascal
D'Angelo (1894 - 1932) lavoratore-scrittore, autore di "Son
of Italy" che quando emigrò da Introdacqua (AQ) nel
1910, sapeva appena scrivere l'italiano. (leggi»);
John Fante
(1909 - 1983), autore di numerosi romanzi e racconti, figlio
dell'abruzzese Nicola Fante di Torricella Peligna provincia di
Chieti (un muratore che partì nel 1901 per raggiungere il padre
Giovanni Fante -arrotino- che si trovava già da alcuni anni in America);
Pietro Di Donato
(1911-1992), lavoratore-scrittore come Pascal D'Angelo, figlio di un
muratore abruzzese, fu costretto a diventare muratore anche lui dopo la
tragica morte del genitore, in un periodo in cui era disoccupato,
scrisse il suo primo racconto "Christ in Concrete"
pubblicato per
la prima volta nel 1939, l'ultima sua opera "The American
Gospels" è stata scritta poco prima della sua morte
avvenuta nel 1992. Di Donato era uno scrittore che, non perseguiva il
"sogno americano", poichè, non accettava quel modello
capitalista che annientava la cultura d'origine
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16.
Figli di abruzzesi emigrati in America |
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della famiglia italo-americana, il suo rifiuto per questo tipo di civiltà, lo
rivelava nei suoi scritti attraverso il mito tradizionale di Cristo; Dominic
Candeloro
(nato nel 1940) figlio dell'abruzzese Ludovico Candeloro (che
nacque nel 1898 a Pianibbie-Ripitella frazione di Casoli (CH)
emigrato nel 1922) e di Iolanda Giannetti (nata ad Amaseno in provincia
di Frosinone), scrittore, autore di molti testi tra i quali “Italians in Chicago”, "Gli
italiani nei sobborghi: Chicago Heights, 1890-1975"
(leggi»)
La gentile collaborazione di Dominic Candeloro, e l'esistenza del sito
ellisisland.org
,
hanno reso possibile l'elaborazione delle seguenti
pagine» che ricompongono
l'intera lista dei casolani emigrati in America dal 1892 al 1924, dando
la possibilità di rintracciare le
informazioni del
proprio
progenitore emigrato in quest'arco di tempo anche in presenza
di errori di trascrizione di nomi e congnomi.
Per accedere alle informazioni del passeggero,
bisogna cliccare su "view" in corrispondenza delle colonne (notizie
passeggero, registro passeggeri, copia registro, annotazioni, la nave), sarà
così possibile dopo aver inserito "username" e "password"
nella pagina del login, visualizzare anche il registro originale»
con tutte le annotazioni sul passeggero (residenza, stato di salute, statura,
età, sesso, colore degli occhi e dei capelli, occupazione, destinazione ,
ecc...) . Per poter inserire "username" e "password"
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Maria C. Ricci
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Casoli 06-08-2005
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Raccolta di documenti e foto
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Tutti possono inviare
documenti, foto, testimonianze e racconti, che ricostruiscono un
frammento di storia familiare, scrivendo a : redazione@casoli.org,
oppure usando l'area commenti in fondo a questa pagina o il Forum "Emigrati"
, aperto per favorire la ricerca delle proprie radici e consolidare i
legami con la propria città d'origine.
Si ringrazia anticipatamente, tutti coloro che vorranno collaborare ad
arricchire questa sezione dedicata all'emigrazione in America. |
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Documento inserito il 12-11-2005 |
Passaporto di De Luca Addolorata del 09
Agosto 1913. Documento ricevuto dalla famiglia Dell'Orefice residente in
USA. Clicca sulle immagini per ingrandire.
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