Alla ricerca della mela perduta, ovvero la mela casolana
La mela casolana di Casole d'Elsa (Siena) La
mela casolana, citata nel Decameron
(1349-1351)
dal
Boccaccio (1313-1375), è un prodotto agroalimentare
tradizionale della Regione Toscana conosciuto sin dal medioevo ed a rischio di
estinzione, poichè non più coltivato. Sul sito dell'ARSIA (www.arsia.toscana.it), è possibile
averne una descrizione sintetica
(leggi) accompagnata da
una foto. Verso la fine, al punto 8, non mancano le parole del Boccaccio :
«
La moglie (...) giovane ancora di 28 in 30 anni, fresca e bella e ritondetta che
parea una mela casolana». Il riferimento al Decameron, è presente
anche in altre pagine web come quella del sito
www.agricultura.terresiena.it, sempre dedicata alla mela casolana (leggi), la cui
presenza
oggi si estende maggiormente sul territorio del Comune di Monticano, in provincia
di Siena. "mela casolana" - foto Stefano Ciccarelli (ARSIA) La localizzazione di Certaldo (dove il Bocacccio visse), al centro della Valdelsa e le note che accompagnano le pagine del Decameron pubblicate da alcune case editrici, confermano la giusta provenienza della mela casolana citata nella novella quarta. In una di queste note, curata da Antonio Enzo Quaglio, evidenziata nella pagina sottostante e tratta dal un libro edito dalla "Casa Editrice Garzanti" nel 1980, si legge chiaramente di quale mela si tratta: In un'altra nota, questa volta curata dal Prof. Vittore Branca, presente sul Decameron edito dalla "Arnaldo Mondadori" nel 1985, alla pagina 981 si legge: «mela rossa di Casole, nella Valdelsa». Che la voce del Boccaccio prendesse nome dalla mela di Casole d'Elsa invece che di Casoli di Chieti, è dunque un'ipotesi attendibile e provata. La mela casolana di Casola Valsenio (Ravenna)A Casola Valsenio (Ra), dal 1991, nel terzo fine settimana di ottobre, si svolge la “Festa dei Frutti Dimenticati”. Dal sabato pomeriggio alla domenica sera gli agricoltori casolani commercializzano su bancarelle allestite nelle strade e nelle piazze del centro storico i frutti autunnali raccolti da vecchie piante sopravvissute ai mutamenti colturali o da nuove piante collocate dopo la ripresa di interesse verso l'alimentazione contadina di un tempo. E' stato dedicato a questo evento, anche un sito www.fruttidimenticati.org in cui si parla di specie agroalimentari in via di estinzione e nella sezione dedicata alla storia della mela (leggi), si riporta uno scritto di Pietro Andrea Mattioli (medico, botanico e farmacologo, nato a Siena nel 1501 e morto a Trento nel 1578), che descrive alcune mele toscane tra cui le mele denominate "Appie" o "mele rosa". Nella stessa pagina, si afferma che la mela Appia è anche una varietà tipica del territorio di Casola Valsenio (Ra), poichè Antonio Morri, nel suo Vocabolario romagnolo-italiano del 1840 definisce la méla apia come "mela appiola o casolana". Di questa "mela rosa" o "mela apia" o "mela casolana" (nome botanico: Pyrus malus L.) se ne parla ampiamente nel sito dedicato ai frutti dimenticati (leggi). Di seguito si riporta uno stralcio della descrizione di questa specie: « Il melo da rosa, o come è stato chiamato in alcuni manuali dell'800 mela casolana, è una vecchia cultivar di melo coltivato nel secolo scorso nelle zone di Casola Valsenio. (...) Il frutto prodotto dalle vecchie piante è tondeggiante con epicarpo giallo-verde e zone di colore rosso più o meno grandi. La pezzatura è piccola, 5-6 cm di diametro, appiattita con un ampia cavità peduncolare e poco profonda. Il frutto matura in inverno ed a completa maturazione è completamente giallo con chiazze rosse in zona peduncolare.» La mela casolana di Casoli (Chieti)- Della nostra mela casolana, ne parla in alcuni versi il poeta Cesare De Titta, come quelli scritti in una cartolina inviata all'avvocato Ferdinando De Cinque di Casoli il 5 agosto 1902, sonetto raccolto ne "Il primo libro delle cartoline" Bonanni, Ortona a Mare, 1914.
e in altri versi in dialetto, come quelli de "La canzone de le melelle": «chi véd' a rride' ssa vuccuccia bbèlle, je pare di vedé' na melaróse. A le mascèlle tiè ddu' melapiane, 'm pètte ci tiè ddu' melacasulane».
Il poeta di Sant'Eusanio, in una nota di questa canzone, spiega che le melacasulane sono "grosse mele così dette di Casoli, dove abbondano", inoltre, accenna a tre tipi di mele diverse tra loro: la "melaróse", la "malapiane" e la "melacasulane". Nelle note infatti, il De Titta traduce in italiano anche i nomi delle altre due mele: melaróse (mela rosa); malapiane (mele piane). Da qui si intuisce che la "mela casolana" non era né la "mela rosa" né la "mela piana", ma una grossa mela che fino all'inizio del novecento abbondava nel nostro territorio.
Anche nei versi dedicati a Casoli raccolti in "La conzone de li pahise", sempre del De Titta, non mancano riferimenti alle "mele piane" e alle "mele rose" viste come due diverse specie e nella nota si legge: «melapiane e melaróse: nomi di mele». - In "Flora e Paesaggio" pubblicato su un numero di "Casoli Comunità" del 1990, nell'ambito della rassegna critico-bibliografica curata da Nicola Fiorentino, leggiamo, che della mela casolana «ne parla il Boccaccio nel Decamerone», che molto probabilmente venne a conoscenza della nostra mela, durante il suo lungo soggiorno a Napoli: «Qualche commentatore - scrive Nicola Fiorentino nell'articolo - ritiene che questa provenisse da Casole, borgo senese; ma a me pare un'ipotesi semplicistica.» - Di seguito, si riporta uno stralcio della guida che il Comune di Casoli ha pubblicato nel 1992, "Guida al centro antico e al territorio", nella quale alla pagina 33, si legge che, delle mele casolane ne parla anche Antonio Ludovico Antinori (L'Aquila 1704-1778) citando Girolamo Ruscelli (nato a Viterbo intorno al 1504 e morto a Venezia nel 1566). Secondo l'Antinori, il Ruscelli credette che la voce "mela
casolana" usata dal Boccaccio nel Decameron, «pigliasser nome da Casoli, luogo ove che dovevano esser notabili in
bellezza, e in quantità, le mele casolane, che sono le mele rosse, in alcuni
luoghi chiamate Mele Rose, ed in altri Mele diece. (...) ond'è che
intende di cascioli a Firenze.» - Sulla rivista "D'Abruzzo" N.31 dell'anno 1995, alla pagina 51, un articolo sui frutti casolani ha un sottotitolo che inizia con le seguenti parole: «Boccaccio di Casoli lodava le mele 'fresche, belle e rotondette» - e poi il testo finisce dicendo - «Casoli quindi merita attenzione e una visita, magari mordicchiando una mela delle sue verdi campagne 'fresca, bella e rotondetta' come la descriveva Giovanni Boccaccio nel Decamerone». - In una relazione, di A. Manzi dal titolo "Tutela delle biodiversità colturali e agronomiche: l'esperienza del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga" (leggi) presentata il 20 Marzo 2001 al convegno che si è svolto in località Seravella nella Provincia di Belluno e dal titolo "Conservazione della biodiversità agronomica nei Parchi Nazionali: esperienze a confronto" (leggi), è scritto: «Per avere un’idea dello straordinario patrimonio pomologico basti pensare che in un solo territorio comunale, quello di Gessopalena, alle falde della Majella, sono state riscontrate ben 13 diverse varietà di mele. Tra queste anche la mela piana o casolana, dal nome del vicino paese di Casoli a cui fa esplicito riferimento Boccaccio nel Decamerone quando, nella novella di Frate Puccio, accennando ad una donna scrive: "... fresca bella e ritondetta che pareva una mela casolana"». - Nel libro "La diversità agronomica perduta" stampato nel 2002 e curato da Marco di Santo e Nicola Madonna, si identifica la mela casolana con la mela piana. Alla pagina 14 infatti è scritto: «Anche la mela piana o casolana ha una storia molto antica alle spalle. Essa viene menzionata nientedimeno che da Boccaccio nel Decamerone, in particolare nella novella di frate Puccio, in cui, lo scrittore così apostrofa una donna: "fresca bella e ritondetta che pareva una mela casolana". La mela casolana venne citata anche dal poeta rinascimentale Giambattista Marino, frequentatore della dimora partenopea dei principi di Conca, signori dello stato feudale di Palena nella valle dell'Aventino ove si colloca anche Casoli, il centro che ha dato il nome a questo frutto». Nella pagina 41, si continua ad identificare la "mela casolana" con la "mela piana", una varietà locale con buoni livelli produttivi, di pezzatura media e forma appiattita-arrotondata, con buccia generalmente di colore verde. Mele piane - Un'altra guida turistica del 2002 dal nome "Itinerari del gusto e della vista", ribadisce che la mela di Boccaccio è la nostra mela casolana. Lo troviamo scritto in un paragrafo inserito nella sezione "Intinerari del gusto" dove si afferma anche che la "mela casolana" è la "mela piana": «Il cultivar da mangiare forse è la mela piana, conosciute e citate da Cesare De Titta (...), e anche da Giovanni Boccaccio». - Le stesse affermazioni della guida del 2002, le troviamo anche nella sezione "Itinerari del gusto" del sito del Comune di Casoli dopo l'aggiornamento del 25 Ottobre 2005 (leggi). Inoltre, sempre sul sito del Comune, nella pagina dedicata alla storia del nostro paese si legge «Il nome di Casoli era già conosciuto legato alla faccia della mela piana o mela casolana citata dal Boccaccio nel Decamerone, mela che nei secoli successivi sarà citata anche dal poeta Giambattista Marino» (leggi). - Nel libro "Origine e storia delle piante coltivate in Abruzzo" di Aurelio Manzi, pubblicato nel 2006, alla pagina 129 si legge: «Nel Medioevo una varietà di mela abruzzese assurse agli onori della letteratura: la mela casolana, che Giovanni Boccaccio utilizza come metafora per una donna descritta del Decamerone nella novella di Frate Puccio: "... fresca bella e ritondetta che pareva una mela casolana". La mela casolana venne citata successivamente anche dal poeta rinascimentale Giambattista Marino, frequentatore della dimora partenopea dei principi di Conca, signori dello stato feudale di Palena nella valle dell'Aventino ove si colloca il centro di Casoli (Manzi, 2002). L'origine della mela attribuita al paese di Casoli, in provincia di Chieti, anziché a qualche altro centro omonimo romagnolo o campano, sembra essere piuttosto certa anche in considerazione del fatto che ancora oggi ad Altino, nella media valle del Sangro, una varietà di mela, riconducibile ad una forma di mela piana, viene indicata come mela casolana (Manzi, 2001a); lo stesso Belli nel 1930, riporta una varietà di mela nota come melacasolana». - Al sopraccitato libro di Manzi, viene fatta anche una recensione su "Il Tempo" del primo Aprile 2006 a firma di Luciano Di Tizio: "La mela di Casoli citata da Boccaccio: storia delle piante coltivate" (leggi). Leggendo il titolo e poi anche il testo, sembra che a fare notizia ed aggiungere valore al libro, sia la citazione contenuta nel Decameron: «E tra le infinite sorprese - si scrive nell'articolo - rispunta anche una colta e nota citazione: quella mela casolana che Boccaccio usò come metafora per elogiare le bellezze di una donna. Ebbene pare proprio che ci si riferisca al paese di Casoli. Ed è comunque un fatto che la mela casolana, ai tempi del Boccaccio era coltivata in provincia di Chieti ed era molto apprezzata ovunque in Italia. Un valore aggiunto per il volume di Manzi». - Nel Museo di Montenerodomo, che al piano superiore ospita i reperti archeologici dell'antica città di Juvanum ed al piano terra le sale espositive dedicate alla "Storia e Trasformazione del Paesaggio", le notizie della "mela di Boccaccio", le troviamo in bella mostra in un pannello didattico, sul quale, oltre ad una foto che illustra due mele rosse, si legge anche che la mela casolana è «una varietà tuttora nota nei paesi lungo l'Aventino come mela "piane" o mela "casulane" dal paese di Casoli». Immagine tratta da un pannello didattico del Museo della Storia e Trasformazione del Paesaggio (Montenerodomo) - Infine, anche in due dizionari etimologici On Line, all'aggettivo "casolana" e "casolano" troviamo un riferimento alla mela casolana. Nel primo (tratto da www.etimo.it) riferendosi alla frase del Boccaccio è scritto: «... sorta di mela tonda e colorita ricordata anche dal Boccaccio; forse così dette da Casoli, piccola città dell'Abruzzo, dove si trovano mele di siffatta specie» (leggi); nel secondo (tratto da http://tlio.ovi.cnr.it) invece si legge: «Proveniente da Casoli. Locuz. nom. Mela casolana: qualità di mela rossa» (leggi) ed un Link alla stessa pagina, rimanda ad alcune notizie sull'edizione critica del Decameron pubblicata nel 1976 (Firenze, Accademia della Crusca) e curata dal sopraccitato Vittore Branca, lo stesso professore che nel Decameron edito dalla Mondadori nel 1985, scrive che la mela casolana del Boccaccio è la mela di Casole d'Elsa. Le discordanze sull'aspetto delle antiche mele casolane,
che troviamo nei vari testi, sono molteplici. Nella nota del De Titta, le mele sono descritte come
«grosse mele così dette
da Casoli» e nei versi fa una netta distinzione tra le mele rose, le
mele piane e le mele casolane; l'Antinori ne parla descrivendole come mele rosse, chiamate in
alcuni luoghi "mele rose"; nella guida di Casoli del 1992, sono descritte come mele di
«piccola e graziosa forma e la buccia di colore rosso», una
specie che «vive nel ricordo e in qualche raro
esemplare»; nel 2002, nel libro "La diversità agronomica
perduta", viene identificata come "mela piana", una varietà
locale con buoni livelli produttivi, di pezzatura media e forma
appiattita-arrotondata, con buccia generalmente di colore verde; in altri
testi e scritti, si continua ad identificarla nella piccola mela piana di
colore verde;
infine, nel pannello didattico del Museo di Montenerodomo, è scritto che la "mela
casolana" è chiamata anche "mela piana" (frutto prevalentemente di colore
verde) ed allo stesso tempo, la foto ritrae due belle mele rosse. Solo cominciando a fare chiarezza almeno sotto questo aspetto, si potrà
finalmente rendere note le caratteristiche della nostra antica
mela casolana, quella citata dal poeta Cesare De Titta di Sant'Eusanio e
non
dal Boccaccio. |
|